Il mistero di Via Rivelli 54

IL MISTERO DI VIA RIVELLI 54

GianGustav si svegliò. Da solo. Buio. Aprì gli occhi. E li richiuse, tanto non si vedeva un cazzo. Ma perché si svegliò? La sveglia era puntata per le 6.13. E non erano le 6.13. 
Lui, GianGustav, solitamente non si svegliava mai da solo. O lo svegliava la sveglia o il chiassoso incubo ricorrente della moglie Pandora. 
La moglie di GianGustav sognava ogni notte che la sua nuova borsetta di Gucci, appena acquistata nel negozio Gucci di piazza Verdi 12, si trasformasse in una Shopper Biodegradabile Compostabile da trenta centesimi.
E Pandora urlava così forte che non solo svegliava GianGustav, ma tutti settantaquattro abitanti del condominio di via Rivelli 54, interno A. 
Ma quella notte Pandora non urlò. Eppure GianGustav si svegliò. Ormai, pensò, vado a pisciare. E si diresse verso il bagno. A volte pisciava anche nel lavello della cucina, per comodità. Ma proprio quella mattina pisciò nello sgabuzzino delle scope. Solo perché era buio e scambiò lo sgabuzzino delle scope per il bagno. Finito, scrollò e tirò la corda del cesso, che non era la corda del cesso, bensì un lungo laccio di una delle sessantasette scarpe della moglie. Gli caddero tutte addosso, tutte e sessantasette. 
Ormai, pensò, mi faccio un bicchiere di latte e un panino con cotto e cren. Guardò l’ora: erano le 4.23.
Ecco perché la sveglia non aveva suonato, ragionò GianGustav, non capacitandosi ancora di quel risveglio improvviso, a questo punto, attorno alle 4 del mattino. Pandora russava e il cane Ektorp, chiamato così perché abbandonato nella sezione divani dell’Ikea e adottato dai due, era nella sua cuccia Prada.
Pareva una notte tranquilla, almeno fino alle 4.27. GianGustav guardò fuori la finestra. Era buio. Si accese una sigaretta e aspirò. Il suo sguardo finì in strada, sbadatamente, e inquadrò il suo vicino di casa GianRimbold mentre provava il suo nuovo swing di golf. Pensò: Cristo! Questo è fuori di zucca totale. Alle 4.37, poi.
GianRimbold colpì finalmente la palla, dopo aver distrutto un quarto di giardino, due fioriere e mezza piantagione di cotone. La sfera bianca, dopo un volo secco, si stampò proprio sulla fiancata della nuovissima auto di GianGustav, una “Skoda Panamera”. Al primo sguardo pare una Porsche, invece è una Skoda.

GianGustav spense la cicca sul gatto Antonio, scambiandolo per un posacenere, e corse giù in strada, non prima di aver infilato nella tasca dei pantaloni del pigiama una Beretta calibro 9, regalo di suo zio carabiniere.
Arrivò in strada urlando come un pazzo, ma si accorse di non avere con sé la pistola, in quanto i pantaloni del pigiama notoriamente non hanno tasche. Scavalcò la staccionata con tutta la furia che aveva in corpo, avventandosi su un GianRimbold frastornato. Gli strinse il collo urlando: la mia Porsche nuova, bastardo!!!

L’altro, con un filo di voce, replicò: “E’ una stramaledetta Skoda, coglione”. La zuffa fu travolta da un boato. Pandora sognò che la sua Gucci nuova di zecca era diventata una Shopper Biodegradabile Compostabile, ma stavolta si svegliò, sempre urlando. Incazzata e molto stordita si affacciò alla finestra e vide la scena della colluttazione, scambiando suo marito GianGustav per un commesso di Gucci del negozio di Via Verdi 12. C’era, in realtà, una certa somiglianza. Trovò sul pavimento la Beretta calibro 9, caricò il cane ed esplose sei colpi.
La sveglia alle 6.13 suonò e Pandora la spense con un calcio. Era emozionata come una bimba scema. Alle 9.30 avrebbe preso la Skoda Panamera di GianGustav per raggiungere il negozio Gucci di via Verdi 12. Pandora decise di regalarsi la sua prima borsa Gucci della vita, dopo averla tanto sognata. E poi, pensò, le faccio schiattare tutte al funerale di mio marito.
GianRimbold gli spaccò il cranio con un ferro 7. L’ultimo gesto un attimo prima che GianGustav riuscisse a strozzarlo.
THE END

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